giovedì 1 novembre 2018

"Attendiamo da anni un trasferimento che non arriva", i dipendenti di Poste Italiane in mobilità volontaria sul piede di guerra


 
I dipendenti di Poste scrivono a Cgil, Cisl e Uil, oltre che al Ministro del Lavoro e a Luigi Di Maio. Si chiedono trasferimenti promessi da anni.
Siamo i circa 5000 lavoratori postali che fanno parte della graduatoria di Mobilità nazionale. Non servono grandi presentazioni, voi ci conoscete bene, perché ogni giorno le vostre segreterie provinciali e regionali ricevono telefonate di lavoratori disperati, con situazioni familiari drammatiche. Padri e madri costretti da anni a lavorare lontano dai propri figli, dalla propria famiglia e dalla propria terra. Figli che hanno genitori bisognosi di assistenza e non possono prestargli le dovute cure, perché distanti centinaia di chilometri. Mogli o mariti che chiedono un avvicinamento al proprio coniuge facente parte delle forze dell’ordine”.
È l’inizio della lettera che i lavoratori di Poste italiane in attesa di mobilità volontaria scrivono ai sindacati e al Governo.
I dipendenti postali lamentano promesse di trasferimenti mai avvenuti e specificano “Questa volta con l’accordo sulle Politiche attive avevate l’occasione di mantenere quelle promesse, di regalare un po’ di serenità a questi lavoratori che, anche da più di 10 anni, fanno enormi sacrifici. Dopo decine di incontri, di verbali, di riunione serrate, avete partorito un topolino. 206 trasferimenti per i portalettere e 206 trasferimenti per gli operatori di sportello, più qualche altro movimento per gli specialisti”.
Sono più di 5000 le domande di trasferimento che attendono in un cassetto da anni.
“Mentre pensate a stabilizzare nuovo personale, con numeri ben diversi da quelli riservati ai trasferimenti – si legge ancora nella missiva – non siete neanche stati in grado di riservare un sacrosanto diritto di precedenza per far attivare ed esaurire per prima la mobilità nelle province interessate da queste stabilizzazioni”.
Personale neo assunto che va ad occupare il posto sotto casa mentre, chi da anni fa sacrifici e spera in un trasferimento, deve vedersi escluso”.
I posti ci sono e tanti lavoratori stanno chiedendo di essere trasferiti dal Nord al Nord o, addirittura, dal Sud al Nord, ma nulla.
“Ora ad un paio di giorni dall’inizio della Mobilità che sarebbe dovuta partire dopo il 15 settembre, arriva un verbale dove con una procedura del tutto nuova, tanto per complicare ancora di più la vita a quei pochi fortunati, bisognerà accedere tramite un fantomatico applicativo per poter selezionare gli uffici, in ordine di preferenza all’interno della provincia richiesta in fase di trasferimento. Oltretutto vengono unificate le graduatorie tra part-time e full-time, creando ancora più confusione tra i lavoratori”.
In conclusione, si legge la rabbia e la delusione “Avete dimostrato l’incapacità della classe dirigente sindacale, che non ascolta più il bisogno dei lavoratori, ma sembra sempre più pensare solo ed esclusivamente alle proprie posizioni di rendita. Anche voi fate parte dei vecchi sistemi clientelari e della vecchia politica, che sta lasciando spazio a populismi, perché da voi non ci si sente più rappresentati. E anche i lavoratori stanno cominciando a rendersene conto”.
E si promettono azioni legali collettive.
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