Roma - L'oppressione dei creditori e la perfetta conoscenza dei meccanismi che muovono piccole e medie quantità di denaro in un ufficio postale. Una somma di situazioni che hanno spinto Francesco Carloni, l'ormai exdirettore della filiale di Grottaferrata, a mettere in piedi un ingegnoso sistema di frodi. Mese dopo mese, truffa dopo truffa, il dipendente era riuscito a far sparire dalle casse di Poste italiane ben 398mila euro. La stessa cifra che, ora, come deciso dai giudici della sezione giurisdizionale del Lazio della Corte dei conti, il dipendente dal "comportamento truffaldino" dovrà restituire all'azienda.
Riscossioni illecite di buoni fruttiferi e libretti di risparmio intestati a correntisti ignari delle operazioni sottobanco del loro direttore, firme false ed emissioni di quietanze sottoscritte da persone in realtà decedute. Per far fronte ai prestiti personali, "verosimilmente di carattere usuraio", che era stato costretto a contrarre, Carloni aveva ideato una serie di piccole truffe, nella speranza di non essere mai scoperto dai vertici dell'azienda. I clienti gli affidavano i propri titoli di risparmio, salvo poi attenderne inutilmente il rimborso previsto.
Tra i tanti espedienti utilizzati, anche quello della finta ricarica del bancomat: in più di un'occasione, l'exdirettore era riuscito a far passare, tra il silenzio generale, alcuni depositi fittizi di banconote negli sportelli automatici del suo ufficio postale. Migliaia di euro che finivano nelle tasche dei creditori di Francesco
Riscossioni illecite di buoni fruttiferi e libretti di risparmio intestati a correntisti ignari delle operazioni sottobanco del loro direttore, firme false ed emissioni di quietanze sottoscritte da persone in realtà decedute. Per far fronte ai prestiti personali, "verosimilmente di carattere usuraio", che era stato costretto a contrarre, Carloni aveva ideato una serie di piccole truffe, nella speranza di non essere mai scoperto dai vertici dell'azienda. I clienti gli affidavano i propri titoli di risparmio, salvo poi attenderne inutilmente il rimborso previsto.
Tra i tanti espedienti utilizzati, anche quello della finta ricarica del bancomat: in più di un'occasione, l'exdirettore era riuscito a far passare, tra il silenzio generale, alcuni depositi fittizi di banconote negli sportelli automatici del suo ufficio postale. Migliaia di euro che finivano nelle tasche dei creditori di Francesco
Carloni e che l'azienda era stata costretta a rimborsare ai propri clienti. Un teatrino andato avanti fino a che il "dipendente infedele" non è stato scoperto dai vertici di Poste italiane lo scorso gennaio e, ovviamente, licenziato senza preavviso. Sul suo caso è stato aperto un procedimento penale e richiesto il rinvio a giudizio.
Inoltre, nel corso delle indagini, è stato disposto un sequestro conservativo delle proprietà di Carloni. Ma Poste italiane ha deciso di arrivare fino in fondo, rivolgendosi anche al Tribunale civile di Velletri nel tentativo di recuperare anche la somma sottratta illegalmente dalle proprie casse. Il caso, quindi, è finito sulle scrivanie dei giudici contabili, visto che l'azienda è a totale partecipazione pubblica. Alla fine, l'ex direttore della filiale di Grottaferrata, messo alle strette dalle indagini della procura, ha confessato tutto e ha deciso "con comportamento sicuramente censurabile" di non costituirsi in nessuna fase del procedimento a suo carico, né di depositare memorie difensive. Così i magistrati della Corte dei conti hanno condannato Carloni a risarcire l'intera cifra fatta sparire.
Inoltre, nel corso delle indagini, è stato disposto un sequestro conservativo delle proprietà di Carloni. Ma Poste italiane ha deciso di arrivare fino in fondo, rivolgendosi anche al Tribunale civile di Velletri nel tentativo di recuperare anche la somma sottratta illegalmente dalle proprie casse. Il caso, quindi, è finito sulle scrivanie dei giudici contabili, visto che l'azienda è a totale partecipazione pubblica. Alla fine, l'ex direttore della filiale di Grottaferrata, messo alle strette dalle indagini della procura, ha confessato tutto e ha deciso "con comportamento sicuramente censurabile" di non costituirsi in nessuna fase del procedimento a suo carico, né di depositare memorie difensive. Così i magistrati della Corte dei conti hanno condannato Carloni a risarcire l'intera cifra fatta sparire.
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